101 Domande e Risposte sui Celti 61-80

Testi rilevati dalla rivista Celtica autori: M. Tiussi, Stefano Trentini 

Quante cose sappiamo sui Celti? Qui abbiamo raccolto molte delle informazioni disponibili. Sono descritte ‘in pillole’ e insieme a quelle vere, vi segnaliamo anche le storie inventate, o dubbie e discutibili.

 

61 È vero che i Druidi facevano sacrifici umani?

Le fonti latine (fra cui Cesare, 17) narrano di sacrifici offerti dai druidi in occasione di particolari celebrazioni. Gli autori latini descrissero con orrore e sconcerto i sacrifici umani che i Celti compivano sui prigionieri e i criminali, però i Romani adottavano come forma di punizione sui propri prigionieri la morte per crocifissione, uno dei metodi di tortura più crudeli e indegni. Va detto che nei tempi antichi il rito di offerta sacrificale era diffuso fra tutti i popoli: agli déi si sacrificavano esseri umani, animali, armi e ornamenti, prodotti della terra come grano e frutta. Le offerte sacrificali non erano un’esclusiva dei popoli pagani, ne troviamo anche nella Bibbia (Vecchio Testamento) e nella storia della cristianità; valgano a esempio i sacrifici nel nome del Dio cristiano compiuti dall’Inquisizione, che ha bruciato molte donne innocenti accusandole di stregoneria. Ancora oggi il sacrificio umano fa parte della cultura popolare: per estensione la parola messa, che indica la funzione religiosa, significa proprio santo sacrificio e vi si commemora un sacrificio umano compiuto dai Romani: la crocifissione di Gesù Cristo.

62 È vero che i Druidi furono sterminati?

I Druidi non sono stati sterminati ma, essendo pagani, la loro tradizione spirituale è stata repressa dalla religione dominante in Europa, il cristianesimo. Per poter sopravvivere a forme di estremismo religioso hanno dovuto restare nascosti e attraverso i secoli la conoscenza druidica si è trasmessa oralmente (cioè, con il ‘passaparola’, metodo di comunicazione e diffusione della cultura rimasto in voga fino alla diffusione fra il popolo della parola scritta e della scolarizzazione). Ai giorni nostri, alcuni gruppi spirituali del Nord Europa sostengono di essere i depositari dell’antica conoscenza dei druidi celtici (93).

I druidi erano considerati da Roma una minaccia politica poiché avevano grande potere all’interno della società celtica (86) e la storia ricorda in particolare un massacro di druidi, comandato dall’imperatore Nerone nel 61 a.C. a Môn (l’attuale isola di Anglesey in Galles), centro druidico di massima importanza per i Britanni. Secondo alcune interpretazioni, Nerone comandò la distruzione del santuario di Môn perché sull’isola stava nascendo il primo modello di cristianesimo celtico, che univa il sapere dei druidi con la nuova religione cristiana. Mancano dati storici a conferma di questa ipotesi, che si ricollega allo straordinario viaggio del Santo Graal. Secondo la leggenda, il Graal (64) fu portato nelle isole britanniche da Giovanni di Arimatea, un parente stretto di Gesù.

63 Che cosa c’entra Re Artù con i Celti?

Secondo le fonti il nome di Artù deriva dalla parola celtica artos, arth o art, che significa orso. L’orso era un animale sacro presso le tribù celtiche e Artos era un nome presumibilmente destinato a un Re o a un comandante supremo, con tutta probabilità era un titolo onorifico come Brenno (28). Inoltre, gran parte delle storie del ciclo arturiano contengono numerosi agganci alle tradizioni celtiche, a partire dal Graal (64).

Per approfondimenti rimandiamo allo speciale “La vera storia di Re Artù”, ancora disponibile nella nostra Libreria (ultima pagina di copertina) e all’articolo “Re Artù e il Graal in Italia” in Celtica n° 29.

 64 È vero che i Celti hanno inventato il Graal?

Il Santo Graal è una preziosa coppa che secondo la tradizione contiene il sangue di Cristo e i cavalieri di Re Artù (63) lo ricercano senza sosta perché in esso sono contenuti il nutrimento spirituale e la Verità. Ha indubbiamente origini precristiane e si ricollega al simbolo celtico del calderone, il paiolo divino e inesauribile che offre il nutrimento più completo a tutti gli esseri viventi. Nei tempi antichi il calderone era posto al centro del villaggio e nutriva tutta la tribù, e nella mitologia celtica si citano due talismani: il calderone dell’abbondanza di Dagda, il dio buono e la coppa di sovranità. Nei racconti gallesi del Mabinogion (le prime storie in cui compare Re Artù) si nominano alcuni contenitori magici: coppa, corno, paniere, bottiglie, paiolo. Per approfondimenti, vedi al numero 63.

65 Che cos’è il Triskell e che significato ha?

Il triskell è il simbolo celtico più conosciuto e diffuso al mondo. Chiamato anche trischele o triskellion, dal greco tre gambe, si raffigura con tre spirali che fuoriescono da un centro comune a cui ruotano intorno. Il suo significato è analogo alle credenze magiche che riguardano il numero 3, definito il numero perfetto anche dalla religione cattolica perché rappresenta la trinità cristiana, che ha preso il posto dell’antica triade pagana. La triade era il sistema con cui i Celti concepivano il mondo e la divinità; ogni dèa, per esempio, aveva una triplice funzione, quella di Vergine-Madre-Vecchia, oppure di Figlia-Madre-Sorella; ogni dio, allo stesso modo, era Bambino-Padre-Cacciatore, oppure Figlio-Padre-Fratello. Tutte queste figure esprimono i cicli e i ruoli della vita: Inizio, Fertilità e Senilità (quest’ultima si collega alla morte che, come la nascita, è la porta verso un’altra vita).

Il triskell ha numerosi significati simbolici, qui ne citiamo solo qualcuno. Rappresenta la triplice manifestazione del Dio Unico (56), i cui doni sono Forza, Saggezza e Amore; rappresenta le tre classi della società celtica (Guerrieri, Druidi e Produttori, 86) che incarnano queste energie sulla terra. Rappresenta i Tre Mondin che compongono l’universo visibile e invisibile: il Mondo dell’Assoluto, il Mondo Spirituale (dell’Altromondo, o Aldilà, 59) e il Mondo Umano o della Prova. Rappresenta le tre fasi del sole quanto si manifesta ai nostri occhi: Alba, Mezzogiorno, Tramonto. Rappresenta la triplicità di ogni essere umano, che è fatto di Azione (corpo, emozioni), Sentimento e Pensiero (collegato ad anima e spirito) e attraversa tre età: Infanzia, Maturità e Vecchiaia.

66 È vero che il triskell, a seconda di come gira, porta fortuna o sfortuna?

Se le spirali del triskell girano da destra verso sinistra, il simbolo rappresenta il turbinare delle energie dall’interno verso l’esterno e corrisponde alla manifestazione, la vita terrena. Se girano da sinistra verso destra, il triskell simboleggia il percorso nell’Altromondo (59) e il contatto con i regni ultraterreni. Il fatto che uno dei due sensi di rotazione possa portare fortuna o sfortuna è una falsa interpretazione del simbolo: destra e sinistra non sono nemiche, ma complementari e l’una esiste perché esiste anche l’altra, come la Luce e l’Ombra, il Maschio e la Femmina e ogni altra forma di dualismo.

67 È vero che c’erano tre tipi di Druido?

Secondo le fonti irlandesi, la classe druidica celtica era divisa tradizionalmente in tre ‘specializzazioni’ professionali. Il Druido per definizione, che Diodoro Siculo chiama anche filosofo e teologo, officiava la religione e i cerimoniali sacri; il Bardo, ispirato dagli Dèi, aveva il compito di portare le «benedizioni» con i suoi canti; l’Ovate o Indovino aveva il compito di divinare la sorte, predire il futuro e compiere sacrifici (61).

68 Perché il simbolo dell’Irlanda è il trifoglio?

Uno dei primi e più impegnati monaci a diffondere il cristianesimo in Irlanda fu San Patrizio (415-493 d.C.), che trovò un modo molto semplice per rendere comprensibile il concetto di Trinità cristiana agli Irlandesi: adottò un trifoglio e spiegò che la Trinità era composta da tre persone spirituali distinte e riunite, proprio come le tre foglioline sulla pianta del trifoglio. Assai probabilmente il trifoglio di Patrizio si è ispirato al simbolo del triskell (65), ulteriore esempio di come la cristianità abbia riadattato concetti celtici per farsi comprendere dai popoli.

 69 Quando si festeggia San Patrizio?

Il St. Patrick’s Day dedicato a San Padráigh (Patrizio in irlandese), il patrono dell’Irlanda che cristianizzò gli irlandesi, si celebra il 17 marzo. San Patrizio viene festeggiato dalle comunità irlandesi in tutto il mondo, la festa più importante si tiene a Dublino e ogni anno richiama centinaia di migliaia di persone. Anche negli Usa (dove vivono numerosi disendenti di immigratti irlandesi) si svolgono grandi celebrazioni, profondamente intessute di Heritage (eredità) e Irish Pride (orgoglio irlandese). Anche i non irlandesi festeggiano San Patrizio, qui da noi ci sono numerose rassegne con musica tradizionale irlandese dal vivo.

70 Chi è San Colombano?

È uno dei tanti coraggiosi monaci missionari irlandesi che nei primi anni del 600 d.C., con mezzi di fortuna, attraversarono il mare per raggiungere il continente europeo. Dove si insediavano, essi costruivano monasteri e coinvolgevano nell’opera le genti locali (intorno a questi monasteri nei secoli si sono sviluppate grandi città). Una volta avviata una comunità, i missionari riprendevano il viaggio. La spiritualità dei monaci irlandesi dell’epoca era imbevuta di elementi legati alla natura tipici della spiritualità druidica celtica. Questo li aiutò a comunicare con le popolazioni dell’area gallica che si accingevano ad avvicinare. San Colombano terminò, molto anziano, il suo viaggio a Bobbio, in provincia di Piacenza, dove fondò il suo ultimo monastero.

71 Ci sono dei Santi Celtici?

Possiamo considerare Santi Celtici i patroni delle nazioni celtiche per definizione: Irlanda, Scozia, Galles, Cornovaglia e Bretagna. Oltre a San Patrizio (68) patrono dell’Irlanda, vi sono questi santi: il 1° marzo si festeggia San Dewi (David) patrono del Galles; il 5 marzo si festeggia San Piran, patrono della Cornovaglia; il 19 maggio è la festa di Sant’Ivo (dal celtico ivas, legno di tasso) patrono della Bretagna; il 30 novembre si festeggia Sant’Andrea, patrono della Scozia.

 

TUTTO QUELLO CHE I CELTI SI SONO INVENTATI SUI CELTI  

72 Esistono reperti archeologici sui Druidi?

Dei druidi si è scritto molto (a proposito e anche a sproposito), ma finora l’archeologia non ha segnalato la scoperta di tombe dei druidi, quindi tutto ciò che sappiamo su di loro resta ancora avvolto nel mistero. Sicuramente esistono depositi votivi, spesso collocati vicini a grandi santuari celtici dell’antichità; uno di questi è in Galles, nell’isola di Anglesey (62), dove sono stati trovati numerosi carri da guerra celtici inabissati in un lago, offerti in sacrificio (61) agli dèi probabilmente dopo un evento o più eventi particolari di cui nulla sappiamo.

73 Stonehenge è stato eretto dai Celti?

Il complesso megalitico di Stonehenge, situato nella pianura di Salisbury in Inghilterra, è stato eretto tra il 3100 e il 1550 a.C., quindi la sua costruzione è cominciata prima dell’arrivo dei Celti sull’isola. Alcuni studiosi segnalano culture protoceltica in Britannia già dal 2000 a.C., comunque sempre molto dopo la prima datazione di Stonehenge. 

74 È vero che fra i Celti c’era molta libertà sessuale?

Si sente girare questa voce, però non ci sono dati oggettivi (e nemmeno scritti) che la confermino.

75 È vero che la donna celta comandava più dell’uomo?

Anche questa è una fantasia che i Celti di oggi si sono inventati sui Celti di ieri. I Celti, come tutti i popoli indoeuropei, hanno portato in Europa la cultura patriarcale (dove predomina la figura paterna) e il culto del principio maschile, che si è sovrapposto al preesistente culto del femminile e al matriarcato, dove predominava la figura materna. Rispetto ad altre culture di derivazione indoeuropea, come la celebrata civiltà greca (dove la donna era considerata meno delle bestie e degli schiavi), nella società celtica la donna viveva una situazione molto più dignitosa e si trovava in condizioni di parità rispetto all’uomo. La mitologia e le leggende celtiche descrivono figure femminili forti, coraggiose e particolarmente autonome, integrate alla controparte maschile (e viceversa). Gli autori antichi descrivono alcuni momenti della società celtica, per esempio Cesare (17) racconta che, fra i Celti, marito e moglie condividevano i beni. Possiamo azzardare che nella società celtica (86) vi sia stata un’integrazione naturale fra patriarcato e matriarcato, anche se i re celtici e i druidi per definizione continuano a essere figure quasi sempre maschili.

76 Come si celebra un matrimonio celtico?

Non lo sappiamo, non ci sono documenti che descrivano il matrimonio fra i Celti antichi. Oggi i matrimoni che si celebrano alle feste celtiche si basano su rituali inventati, oppure ricavati da riti neopagani e Wicca (91). Altre informazioni sul matrimonio celtico arrivano dalle Leggi Brehon (20) e da fonti medievali irlandesi, grazie alle quali possiamo evincere una serie di rituali probabilmente ereditati dai popoli celtici più antichi (ma forse anche modificati). Per approfondimenti sulle leggi collegate al matrimonio irlandese e al concetto celtico di famiglia, vedi articoli “Matrimonio celtico” e “Donna Lombarda” in Celtica n° 30, firmati dall’archeologa Luana Poppi Kruta.

77 È vero che i Celti hanno inventato lo scotch?

È vero che i Celti hanno inventato varie cose, ma non esageriamo! Il primo nastro adesivo della storia aveva la colla solo sui bordi e non restava attaccato a lungo. Un cliente della ditta che lo produceva disse di andare dai ‘tirchi’ dirigenti per dir loro di mettere l’adesivo su tutto il nastro. Siccome gli Scozzesi (chiamati familiarmente Scotch dagli Inglesi) sono considerati tirchi, il nuovo nastro da allora prese il nome di Scotch. Oggi il marchio Scotch, prodotto da 3M, compie 75 anni ed è diffuso in tutto il mondo.

 

MUSICA

78 Gli antichi Celti suonavano la cornamusa?

La cornamusa, come la conosciamo oggi, è uno strumento introdotto in Scozia molto recentemente, intorno al XVII secolo, ma le sue origini affondano nel passato remoto. Un’ipotesi molto seguita è quella che attribuisce a un Cremonese (di Cremona) la diffusione della cornamusa in Scozia. Secondo una leggenda, un ignoto suonatore di piva fu catturato, o si aggregò volontariamente alle truppe scozzesi di rientro da una non precisata crociata. Questo suonatore – che la tradizione vuole originario, appunto, della zona di Cremona – si sarebbe trapiantato in Scozia presso il Clan MacLeod, diventando il piper (suonatore di cornamusa) del chieftain, il capoclan di questa famiglia. Da qui sarebbe derivata la famiglia dei MacCrimmon (MacChrùimen in gaelico scozzese) che, secondo la regola della denominazione dei clan (85), potrebbe significare da Cremona.

Gli Scozzesi apportarono delle modifiche allo strumento fino a trasformarlo nell’attuale Highland bagpipe, la grande e possente cornamusa scozzese. Storicamente la famiglia MacCrimmon è la famiglia dei pipers del Clan MacLeod, ma ogni clan scozzese ha una sua famiglia di suonatori di cornamusa, i pipers.

79 Che cos’è la «Piva int’e sac»?

La piva emiliana è un tipo di cornamusa tipica delle zone appenniniche emiliane ed è molto simile al baghèt bergamasco (vedi articolo “Il Baghèt” in Celtica n° 6). L’arcaico termine dialettale piva int’e sac ha questo significato: la piva sarebbe il corrispondente del chanter (la canna forata, simile al flauto, che dà la melodia); int’e sac significa nel sacco perché la piva è innestata in una sacca che funge da mantice e serve a mantenere costante l’apporto di aria alla piva stessa. Il nome della cornamusa scozzese è del tutto simile, bagpipe, dove bag significa sacca e pipe sta per piva. Oggi molti giovani musicisti si stanno avvicinando a questo strumento e la sua sopravvivenza è fortunatamente garantita!

80 C’è differenza fra cornamusa scozzese, irlandese, piva e gaita?

La cornamusa scozzese, la piva e la gaita (la cornamusa galiziana) sono strumenti a fiato e si suonano soffiando aria nel chanter (79). La cornamusa irlandese o uilleann pipe si suona con il gomito ed è alimentata da un soffietto che ha una duplice funzione: immettere aria secca nella sacca (in tal modo le ance non si bagnano con la saliva) e permettere al suonatore, oltre che di suonare, anche di cantare. Per approfondimenti sulle varie tipologie di questo strumento vedi articolo “La cornamusa” in Celtica n° 17.

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